Usi e costumi della Grottaglie di un tempo: “La pettinatura in casa dei capelli delle donne”

Alcuni visitatori di “grottagliesitablog.wordpress.com” mi hanno chiesto cortesemente di riportare alcune pagine del volume “Grottaglie, profili di vita e poesia del passato”, pubblicato a marzo 2008, dove sono raccolti i dipinti di Gaspare Mastro con commenti alle opere di Cosimo Luccarelli. Il volume sponsorizzato dalle Ceramiche Nicola Fasano, tratta i temi della famiglia, tra maternità e amorevole presenza dei figli; dello svago, tra giochi e conversazioni; dell’amore coniugale, tenero e resistente al trascorrere del tempo; della devozione religiosa, tra preghiera e ritualità; della quotidianità, tra feste, riposo e lavoro domestico; della lettura e della scrittura, prerogativa per pochi eletti in tempi di diffuso analfabetismo; della cucina, con alimenti sani, tipici e tradizionali; della vita negli spazi architettonici, dal cortile al terrazzo, alla cantina; della manualità artigianale, tra ceramica e lavori all’uncinetto; della campagna, tra fatiche fisiche e attrezzi da lavoro. Un insieme di argomenti che sollecitano la riflessione sulle grandi trasformazioni sociali, intervenute nel corso del ‘900, che hanno cancellato, talvolta definitivamente, consuetudini tramandate di padre in figlio. Ringrazio tutti coloro che hanno apprezzato il volume e che mi hanno scritto con affetto. Chi volesse raccogliere queste pagine, ricordo che nel mese di maggio 2009 fu pubblicata “Tenerezza”, a maggio 2011 “La Discussione”, a luglio 2011 “Amore di figlia” e  agosto 2011 “Il ritorno dalla campagna”. Oggi vi propongo un altro aspetto di vita quotidiana, ormai scomparso da tanti anni, non solo a Grottaglie, ma in tutto il meridione: La pettinatura in casa dei capelli delle donne.

La pettinata

Era consuetudine per le donne di un tempo chiamare in casa delle pettinatrici dette “le pilucchere” per farsi sistemare e/o spidocchiare i capelli, avvolti ed intrecciati sempre sulla testa a forma di tutulo,  dialettale tuppu, opportunamente fermati con firrettu, firrettini  (filo metallico ad U  sottile e pieghevole per capelli) e spatini (forcina di osso usato per sostenere i capelli femminili). Un’acconciatura femminile molto usuale che dava risalto al viso, specialmente quando la bellezza della donna era travolgente. La pettinata, di solito mensile, era anche occasione per controllare se per caso si fossero insediati i pidocchi (molto frequenti allora) e così la pilucchera cu nna pittinessa e nnu péttini suttíli (la parrucchiera domestica con un pettine di osso grande con denti molto larghi e uno con denti sottili), provvedeva a toglierli disinfettando il cuoio capelluto con del petrolio, preso dal  contenitore del tubbu a pitrogliu (lume a petrolio di vetro o latta con campana in vetro usato per illuminazione domestica) usato per illuminazione. Durante questa operazione di “pseudo acconciatura” si restava un po’ esterefatti nel vedere queste donne con tanti capelli sciolti come se sulla testa avessero nna muntágna ti capíddi (enorme quantità di capelli lunghi e non tagliati) che rendeva il loro aspetto, a chi le guardava, inconsueto, strano, totalmente diverso da quello abituale, quasi irriconoscibile. L’appuntamento mensile della pettinata favoriva anche il pettegolezzo tra le due donne su fatti, argomenti e persone del vicinato o sulla parentela dei mariti di entrambe.

A presto!