Ccussì si sciucava a lli tiémpi mia: «A lla livoria!» – Così si giocava ai miei tempi: «Al gioco dell’anello di ferro!»

Nel post del 29.11.07 dal titolo “I giochi di una volta” riportai un saggio di un lavoro riposto in un cassetto, scaturito dalle tavole dipinte da G. Mastro e  G. Orazio sulla tipologia dei giochi di tanti anni fa. Giochi antichi descritti nei minimi particolari, al fine di renderli comprensibili dalle attuali e future generazioni. Sono stati i ricordi e le testimonianze di tanti amici e persone anziane che mi hanno permesso di formulare una descrizione pratica su modalità e svolgimento dei vari giochi. Nella sezione “Giochi” di questo blog sono stati già pubblicati “A gghiúmmu”, “A lla campana”,“A Matama Torè”, “A llu škáffu”, “A llu tticchiti”, A lli fucèddi o a lli pallini!”.  Oggi è la volta del gioco “A lla livoria”.

A lla livoria!   Gioco dell’anello di ferro!

Vocabolario:  Livoria, sf. giuoco popolare che si fa per terra con piccole palle  che devono passare attraverso un cerchio, o anello di ferro, specie di trucco rozzo; dallo spagnolo “argolla anello di ferro”. – A Grottaglie era il gioco dei ragazzi del primo pomeriggio di domenica, quando liberi dal lavoro nelle botteghe artigiane potevano trascorrere un po’ di tempo con i loro coetanei. Giocare a lla livoria era anche motivo per aumentare quei pochi spiccioli avuti dal maestro di bottega il sabato sera chiamata la mazzètta tla tumenica. Si giocava in due o multipli di due e gli attrezzi del gioco erano 1. due palle di legno 2. un cerchio di ferro (poco più ampio delle due palle, munito di un asse appuntito lungo 5 o 6 cm da conficcare nel manto stradale in terra battuta) 3. due palette di legno, a forma di mannaia del macellaio, per sospingere le sfere e farle passare attraverso il cerchio. La parte anteriore dell’anello di ferro era chiamata “Vocca”, mentre la parte posteriore era chiamata “Culu”. Dopo aver battuto lu tuèccu, il primo giocatore lanciava la palla, tentando di farla passare o almeno arrivare più vicino possibile alla vocca; il secondo giocatore tentava di fare allontanare dalla “bocca” del cerchio la palla dell’avversario; il primo giocatore riprendeva il gioco e se con un colpo di paletta riusciva a far passare la propria palla attraverso il cerchio di ferro, era autorizzato, sempre con la paletta, a tentare di fare attraversare il cerchio anche alla palla del secondo giocatore. Se ci riusciva, vinceva la partita, e si prendeva i soldi che i due giocatori avevano deciso mettere in gioco. Un gioco ormai scomparso dalle nostre strade negli anni ’50 quando c’erano ancora li chianche invece dell’asfalto nel centro storico di Grottaglie.  A presto!

RAI 1 trasmette in questi giorni la vita di Walter Chiari (Annicchiarico) figlio di Carmelo, un funzionario di P.S. di origini grottagliesi – Un buon motivo per riproporre un vecchio post del 11.08.2009 dal titolo «Il Sarchiapone: l’animale immaginario di Walter Chiari che dopo circa 50 anni trova la sua raffigurazione in un manufatto artistico della ceramica grottagliese».

Molte generazioni ricorderanno la famosa scenetta televisiva del “sarchiapone” di Walter Chiari e Carlo Campanini degli anni ’50. – «Si svolgeva in uno scompartimento ferroviario affollato di passeggeri. Uno di questi, in piedi, armeggiava con una gabbietta (o una scatola) coperta da un telo, sul portabagagli. Attirando l’attenzione su di sé (fingendo di esserne stato morso), il passeggero riferiva agli altri passeggeri di avere con sé un sarchiapone americano. Uno dei passeggeri (il personaggio era Walter Chiari) fingendo di sapere di cosa si trattasse, allestiva una conversazione con il proprietario come se ne fosse competente e come se l’animale gli fosse consueto. Ad ogni intervento del comico Walter Chiari, che tirando a casaccio sperava di indovinare finalmente, forse probabilisticamente, almeno una delle caratteristiche della sconosciuta entità, Carlo Campanini però negava o smentiva, ponendo in crescente difficoltà l’interlocutore. Nel corso della conversazione, nella quale Walter Chiari ormai si era troppo sbilanciato per poterla lasciar cadere o per ammettere la sua ignoranza, il “sarchiapone” veniva, dettaglio dopo dettaglio, descritto come un animale di caratteristiche che via via si rivelavano sempre più spaventose, sino al punto da terrorizzare tutti i passeggeri ed indurli a lasciare prudentemente, l’uno dopo l’altro, lo scompartimento. Chiari e Campanini restavano dunque da soli. Chiari, sottosopra per il nervosismo, chiedeva finalmente di vedere e Campanini rivelava che il Sarchiapone altro non era che un animale inventato, che egli usava per terrorizzare i passeggeri e poter viaggiare da solo nello scompartimento».Dal 1980“Il Sarchiapone” – è diventato il titolo di una manifestazione che si svolge tra luglio e agosto di ogni anno a Cervia, città romagnola, dove Walter Chiari trascorreva le vacanze. E’ un concorso per giovani talenti comici in memoria del famoso artista. A questa manifestazione è abbinato il “Premio Walter Chiari” dedicato ai personaggi dell’anno della televisione, cinema, teatro e musica. Nel 2006 Grottaglie era presente a questa manifestazione con circa 60 opere ceramiche rappresentanti “Il sarchiapone” (vedi immagine) che oggi sono simbolo di questa straordinaria iniziativa. L’idea, nata dall’attore e regista Alfredo Traversa, con la collaborazione di due maestri ceramisti Francesco Annicchiarico e Stefano Monteforte, si concretizzò in un manufatto ceramico, dove gli artisti grottagliesi vollero dare una fisionomia allo strano animale, omaggiando così il loro famoso concittadino. Si! concittadino, perché Walter Chiari (1924-1991) aveva sangue grottagliese. Il suo cognome era Annicchiarico e i suoi genitori erano di Grottaglie, trasferiti a Milano per motivi di lavoro. La sua vita artistica fu ricca di successi in teatro, al cinema e in televisione; ancora oggi molti suoi lavori riusciamo a vederli nel piccolo schermo e ne apprezziamo il talento di questo grande attore e figlio di questa terra grottagliese. In quella circostanza fu lanciata l’idea di trasferire qualche volta la manifestazione cervina a Grottaglie per far conoscere all’Italia  al mondo le origini della famiglia dell’artista e la città d’origine, apprezzata nel mondo per l’arte, la ceramica, l’agricoltura, l’artigianato e l’industria.

A presto!

Gli incontri culturali di Marzo 2012 degli “Amici di San Francesco de Geronimo” – Grottaglie

Continuano gli incontri culturali degli “Amici di San Francesco de Geronimo” nell’omonimo Santuario del Centro Storico e nella Biblioteca dei Padri Gesuiti al Monticello. Venerdì 2 marzo 2012 alle 17.30, la Dott.ssa Mary LENTI insieme a P. Salvatore DISCEPOLO S.I. presenteranno Charles de Fuocauld, un beato che dal diavolo andò a Dio. Sabato 10 marzo 2012  alle 18.30 la prof.ssa Maria Rosaria CHIRULLI insieme ad alcuni alunni dell’Istituto Superiore di Martina Franca “Alfonso Motolese” terranno l’incontro-dibattito sul tema “La scuola si racconta – Esperienze di lettura e scrittura”. Nelle locandine i dettagli degli incontri programmati.

Tutta la cittadinanza è invitata.  A presto!

Strumenti Musicali in Puglia – Storia di ricostruzioni strumentali e ascolto di suoni per comprendere quanto la musica pugliese sia mescolanza di culture, religioni e genti. SABATO 25 FEBBRAIO 2012 ORE 16,30 – CASTELLO EPISCOPIO – GROTTAGLIE

Edizioni Esperidi presenta “Strumenti Musicali in Puglia” con un denso programma di alto livello culturale.

In allegato la nota di dettaglio degli organizzatori della manifestazione.

Sabato 25 febbraio 2012, presso il Castello Episcopio, alle 16,30, si terrà la presentazione della rivista KunstWollen3 ed in particolare del saggio Strumenti Musicali in Puglia. Sarà l’occasione di parlare di beni culturali nel nostro territorio e della loro fruizione con lo scrittore croato Maksim Cristan, il giornalista Angelo Caputo, l’etnomusicologo Giovanni Fornaro, l’antropologo Antonio Basile ed il sindaco di Grottaglie Ciro Alabrese. Due saranno i filoni di discussione: Il primo è dato da una migliore conoscenza dei tesori custoditi nei nostri musei, in particolare quello di Taranto. La sorpresa è la presentazione in prima assoluta per il pubblico, di ricostruzioni di strumenti presenti all’interno del museo e l’ascolto virtuale dei loro suoni prodotto con un programma di assoluta avanguardia. Il secondo è la constatazione di quanto la musica pugliese ed i suoi strumenti sia il prodotto di continue mescolanze di culture, di religioni, di genti che hanno frequentato questa straordinaria terra. Questo aspetto è supportato da un ricco corredo iconografico proveniente principalmente dai mosaici pavimentali delle cattedrali di Taranto e Otranto e dagli affreschi della cattedrale di Galatina. La conclusione è affidata ad un concerto letterario de’ MCCS (Maksim Cristan con la Spada) in cui lo scrittore e musicista croato esplora differenze e affinità tra la nostra musica popolare e quella slava supportato dalla voce lirica di Daria Spada.   A presto!

…. e tutte le settimane dell’anno a Grottaglie si iniziava con “Santu Sicutízzu” e si finiva con “Santu Sparpágghia”

Anticamente era comune sentire tra la gente e specialmente sul lavoro (in particolar modo nelle botteghe dei figuli), il nome di strani santi giornalieri che si ripetevano settimanalmente per tutto l’anno. Ovviamente santi che con il calendario martirologico non avevano nulla a che fare, perché inventati dalla povera gente per affrontare in allegria la settimana di duro lavoro che iniziava all’alba e finiva al tramonto. Quali erano?  Santu Sicutízzu – Santu Momò – Santu Popo’ –  Santu Spartitúru – Santu Totói – Santu Nanà – Santu Sparpágghia. Vediamo ora chi sono questi “strani santi” e a quali giorni della settimana erano abbinati.

Lunedì = Santu Sicutízzu! (sicutízzu = per inseguimento, stare dietro, dare fretta, sbrigarsi) – Oggi come ieri il lunedì è sempre stato un giorno faticoso perché viene dopo la domenica, giorno di festa e di riposo. In questo giorno il maestro, capo, fattore, padrone, etc. rivolgendosi ai lavoranti diceva sempre: Vaglió, viti ca ósci è santu sicutízzu! era la tipica espressione per dire in breve: Vedi di sbrigarti, datti da fare, la settimana è appena iniziata e c’è tanto lavoro che non ti puoi permettere di perdere tempo!Gli operai borbottavano e lavoravano senza tregua.

Martedì = Santu Momò! (mò-mò = ora, adesso) – Il martedì si entrava nel vivo del lavoro settimanale e il maestro, capo, fattore, padrone, etc. sollecitava i lavoranti ad essere efficienti imponendo sempre più lavoro del previsto. Gli operai al momento dell’assegnazione di un nuovo lavoro rispondevano: Sini, sini  mè! Mò, mò la facìmu sta fatìa nóa!che voleva significare: Ho capito che questo è un nuovo lavoro che si aggiunge all’altro; aspetta un po’, fammi finire quello che sto facendo, tra poco faccio anche questo!Certamente questi lavoratori erano molto tolleranti e dicendo “Mò-Mò” prendevano tempo perché la giornata era lunga. 

Mercoledì = Santu Popò! (pò-pò = poi, dopo) – Il mercoledì la stanchezza del duro lavoro dava già le prime avvisaglie, ma il maestro, capo, fattore, padrone, etc. continuava imperterrito a spronare i lavoranti nell’efficienza continuando ad assegnare nuovi lavori, nonostante quelli in corso. Gli operai, capìta l’antifona, in questo giorno rispondevano invece: Sini, sini  mè! Pò, pò la facìmu sta fatìa nóa!che voleva significare: Questo nuovo lavoro, che si aggiunge all’altro, può anche aspettare; devo finire prima quello che sto facendo, e poi faccio anche questo! Se il giorno prima erano stati più tolleranti e più sbrigativi, in questo terzo giorno lavorativo si doveva necessariamente rallentare un poco, altrimenti si arrivava distrutti a fine settimana.

Giovedì = Santu Spartitúru! (spartitúru = per divisione, metà di qualcosa) – Il giovedì, giorno di metà settimana, era consuetudine sentire tra gli operai l’espressione: Ménu mali ca ósci è santu spartitúru! che voleva dire: Siamo a metà settimana di lavoro, si avvicina il giorno di paga e anche quello del riposo settimanale, così possiamo stare in più con la moglie e con i figli!Un modo per consolarsi, darsi coraggio e continuare a lavorare senza ulteriori sforzi facendo bene il proprio mestiere.

Venerdì = Santu Totói! (totói = termine improprio per indicare due)  – Il venerdì era il giorno più faticoso della settimana, sia per la stanchezza fisica che per l’esaurimento delle provviste in casa in quanto i soldi erano finiti. Gli operai rivolgendosi al proprio maestro, capo, fattore o padrone, etc. nel momento in cui venivano sollecitati a sbrigarsi, dicevano: Uhé mé, ósci è santu totói! che voleva dire in maniera ironica: Non assillarmi ancora con questa fretta, tanto mancano due giorni alla fine della settimana. Vedi di preparare i soldi che devi darmi domani per la settimana di lavoro che ho fatto! Un modo per sollecitare con sarcasmo e rimarcare che il lavoro procedeva bene e con serietà. 

Sabato = Santu Nanà! ( na! …..nà! = tieni, prendi) – Anche se era un giorno di lavoro come gli altri, il sabato era quello preferito da tutti perché giorno di paga. Il maestro, capo, fattore, padrone, etc. consegnando la paga settimanale agli operai diceva: Quistu ti ttóca sta simána. Nà! …. nà! che a volte poteva essere inferiore a quella pattuita per mancanza di liquidità.  I lavoranti contenti di aver ricevuto il compenso settimanale pattuito commentavano tra loro: Ménu mali ca ósci è santu nanà, ccussí putímu scè nnànti nn’òtra simana! cioè: Siamo contenti che il padrone ci ha pagato, così possiamo saldare  i debiti e fare la spesa per la settimana che viene. Se resta qualche soldo è necessario metterlo da parte per qualche malattia!Era consuetudine in questo giorno lasciare il lavoro qualche ora prima del solito.

Domenica = Santu Sparpágghia! (sparpágghia = per sparpagliare, consumare, utilizzare un proprio bene) – Giorno di festa e di riposo. In famiglia il marito rivolgendosi alla moglie diceva:Mugghièri méa bbóna, ósci è santu sparpágghia  e putímu cunzumà li sórdi pi nni ccattà lu mancià pi lla simána! tipica espressione di compiacimento e soddisfazione per la disponibilità di avere un po’ di soldi in tasca. Per prima cosa si metteva da parte qualcosa per gli imprevisti, poi si pagavano i debiti accumulati nella settimana e registrati sulla “libbrétta nera” dal negoziante ed infine con il resto si faceva la spesa per la settimana. Nonostante le rinunce e sacrifici i soldi non bastavano e nelle famiglie era tipica l’espressione: Lu Signori cu nni tè la fòrza di fatià pi totta la simana senza cu catìmu malati! che era un augurio a non rimanere a casa perché la malattia non era retribuita.

 

Spero che questi “strani santi di ieri”, oggi non più di moda in quanto sostituiti dai “nuovi santi” della casata progresso e consumismo, vengano sempre ricordati a testimonianza del nostro passato e dei sacrifici affrontati da tante generazioni.  A presto!

La Corale “S. Francesco de Geronimo” di Grottaglie spegne le sue prime 10 candeline!

Con il *Concerto per l’Epifania* del 6 gennaio u.s. la Corale “S. Francesco de Geronimo” di Grottaglie ha iniziato a celebrare il suo decimo anno vita a cui seguiranno per tutto il 2012 altri concerti e manifestazioni per diffondere la cultura del canto e musica sacra sul territorio. La Corale, composta da circa 30 cantori, esegue normalmente la sua intensa attività concertistica nel Santuario San Francesco de Geronimo, sito nel centro storico, dove viene custodito il corpo del santo concittadino gesuita, Patrono della Città di Grottaglie.

 

Profilo della Corale

La Corale “San Francesco de Geronimo” di Grottaglie viene costituita nel 2002, presso il Santuario del Centro Storico, per volontà del M° Giuseppe Parabita di Monteiasi, a devozione del Santo Patrono di Grottaglie, con lo scopo di eseguire i canti liturgici durante le varie celebrazioni in chiesa. L’obiettivo fondante era comunque quella di formare i cantori, svolgendo settimanalmente attività di preparazione tecnica, arte del canto e riscoperta del vasto repertorio della tradizione. Si avvia così lo studio della polifonia vocale con particolare attenzione ai canti a cappella della musica del ‘500, dei canti gregoriani e dei canti liturgici conformi alla CEI. In questi primi 10 anni di vita, la Corale, oltre ad essere presente nel Santuario in tutte le celebrazioni domenicali, festive, primi venerdì del mese, accompagna le celebrazioni solenni in occasione della festa del Santo, delle visite straordinarie di Autorità Ecclesiastiche, Civili e Militari, delle inaugurazioni occasionali, delle trasmissioni televise su reti nazionali, regionali, locali. La Corale “S. Francesco de Geronimo” è affidata alla Presidenza dell’Ins. Maria Schinaia, alla Direzione del M° Giuseppe Parabita e alla Guida Spirituale di Padre Salvatore Discepolo della Comunità locale dei gesuiti. Il gruppo cantori si compone di voci miste di Soprani-Mezzisoprani-Baritoni/Bassi-Tenori.

Profilo del Direttore

La Direzione della Corale è affidata al M° Giuseppe Parabita, nato a Monteiasi il 16.3.1967,  formatosi in diverse Scuole e Conservatori d’Italia. Professionista di comprovata qualità spazia in diversi ambiti musicali quali: Tecnica degli ottoni, Pianoforte, C/Basso a corde, Direzione d’Orchestra, Didattica del canto, Musica Sacra e Corale. Elevata la sua collaborazione con diverse orchestre italiane tra le quali Orchestra della Magna Grecia, Orchestra dei Fiati CEE di Trento. Ingente il suo impegno nei Seminari di Musica come Terapia, Selezioni Sanremo Puglia, Stage di Tecnica degli ottoni in Belgio, Corsi di Musica promossi da Istituzioni Provinciali di Lecce-Taranto-Trento-Verona. Ha fondato l’Associazione Musicale “G.Verdi” di Monteiasi, l’Orchestra da Camera di Fiati “G.Paisiello”, la Corale “S. Francesco de Geronimo” di Grottaglie.

 A presto!

Antichi Mestieri Grottagliesi: Lu marcánti! Il venditore ambulante di stoffe!

La sezione “Antichi Mestieri”, ormai già nota ai tanti visitatori di questo blog, contiene solo l’elenco nominativo dei tanti mestieri e lavori manuali che venivano svolti anticamente nella nostra città. Dopo la pubblicazione del volume “Arte del fare, nel ricordo degli antichi mestieri”, opere pittoriche di G. Mastro e testi di Cosimo Luccarelli, credo di far cosa gradita ai lettori riportare su “grottagliesitablog” questo interessante lavoro, affinchè si possa conoscere la vera storia sui mestieri, che è stata espressione della capacità di sviluppo, di creatività e dell’ingegno di tante generazioni. Dopo il maniscalco, il cavapietre, il barbiere, il riparatore di oggetti in creta, il netturbino, il calzolaio, il maestro dei muratori, il seggiolaio, il figulo dell’arte presepiale, i pellai, la pasticciera, il gelataio, l’imbianchino, i frantoiani, i suonatori di serenate, vi presento Lu marcánti!  Il venditore ambulante di stoffe! Una figura scomparsa completamente dalle nostre strade. Alcuni di questi ambulanti di stoffe si trovano ancora nei mercati settimanali ma con caratteristiche diverse da quelli di un tempo.

Tela…! Tela…! Mussulínu tela…!  ( Tela…! Tela…! Tela di mussola e di lino…! )

“Li marcánti” erano i venditori ambulanti preferiti dalle donne; vendevano scampoli e stoffe pregiate che le tessitrici locali realizzavano raramente con i telai. Alcuni venivano anche dai paesi vicinori e giravano per le strade a piedi o con un carrettino spinto a mano portando sopra dei rotoli di semplici tessuti, tipo: tela bianca, mussola, cretonne, batista, lino e percalle. Erano tessuti che servivano per confezionare camicie, biancheria intima e abiti da donna, per cui spesse volte erano le sarte che suggerivano alle clienti qualità, tipo e colore del tessuto da acquistare. All’inizio di ogni strada richiamavano l’attenzione della gente con frasi fiorite o scherzose del tipo: “A cci vóli la muss’la!” (Chi vuole la mussola!) – “Tela! Tela! Mussulínu tela!” (Tela!, Tela! Tela di mussola e lino) – “Játa a cci téni sórdi! – Mmalitétti sórdi!” (Beato a chi ha i soldi! – Maledetti soldi!) e le donne riconoscendoli da queste frasi decidevano se uscire di casa per vedere cosa portava quel giorno “quiru marcánti” (quel venditore di stoffe). Aspettava che si avvicinasse qualcuno per iniziare l’esibizione folcloristica, fatta di gesti ed espressioni dialettali d’origine, per piazzare la sua mercanzia; se insieme alle mamme c’erano delle belle ragazze in procinto di sposarsi, allora la recita era di alto livello perché si potevano piazzare diverse quantità e qualità di tessuti. Non esitava ad aprire il tessuto, svolgendolo dal rotolo, per mostrare qualità, morbidezza e purezza dello stesso; a volte lo metteva sulle spalle dell’acquirente affinché potesse convincersi del colore o della fantasia in funzione di quello che si doveva cucire: “nna vunnédda” (una gonna), “nnu sunáli” (un grembiule), “nnu sciúppu” (un corpetto), “nna cammísa” (una camicia), “nna suttána” (una sottana), “nnu cauzunéttu” (mutande),“nnu fazz’littóni” (uno scialle grande). Prima del taglio, si assisteva alla contrattazione del prezzo del tessuto per metro lineare. Lui partiva sempre da un prezzo altissimo, la cliente lo guardava in faccia con l’aspetto burbero e lo riduceva a un terzo. A questo punto iniziava il teatrino: lei faceva finta di non essere interessata, prendeva sotto braccio la figlia e se ne andava; lui la chiamava cercando di spiegare che il prezzo era giusto per quel tessuto e che poteva fare solo qualche piccolo sconto; lei, sempre tutta sostenuta, confermava la proposta fatta; lui iniziava a ritoccare il prezzo; lei faceva finta di ritornare; lui……… e così via, fino a quando non si mettevano d’accordo. Solo a questo punto “lu marcánti”, dopo aver preso le forbici, tagliava la quantità di tessuto richiesto, prendendo come riferimento il proprio braccio (in passato “nnu rázzu” equivaleva a 60 cm.), tra varie imprecazioni, sostenendo che la cliente aveva fatto l’affare. Entrambi sapevano che l’affare era “tlu marcánti”, altrimenti il tessuto non l’avrebbe venduto. – Cosimo Luccarelli

Il “Sabato Culturale” di Febbraio 2012 nella Biblioteca dei gesuiti al Monticello

Un incontro-dibattito di notevole interesse quello del Sabato Culturale di Febbraio 2012 che gli “Amici di S.Francesco” hanno organizzato per questo mese. Il relatore è un docente di Roma Tre, un giovane grottagliese che, come tanti altri giovani sparsi nel mondo, rendono onore alla loro terra natia con  la loro professionalità, impegno, dedizione.

A presto!

Domenica 5 febbraio 2012 ore 14,00 – Replica dello “Speciale Grottaglie” su TBM (analogico) e Super 7 (digitale)

Girando per la città delle ceramiche il conduttore crispianese Egidio Ippolito porta a conoscenza degli spettatori gli aspetti storici e dell’habitat rupestre che il territorio grottagliese possiede da secoli. Una promozione della città finalizzata al turismo sostenibile e alla sensibilizzazione verso il suo patrimonio storico legato alla ceramica, alle grotte, alla religione, alla tradizione. “Speciale Grottaglie” è stato già mandato in onda domenica 29 gennaio alla vigilia dell’accensione della pira di S.Ciro. A presto!

Gli “Amici di S. Francesco de Geronimo” presentano Chiara LUBICH nel Santuario del Centro Storico di Grottaglie

Gli “Amici di S. Francesco de Geronimo” presentano Chiara LUBICH, fondatrice e prima presidente del Movimento dei Focolari, nel Primo Venerdì del mese al Santuario di S.Francesco nel centro storico di Grottaglie.

A presto!