Come “I Cavalieri” del Medio Evo, antiche e nuove generazioni di grottagliesi sotto lo sguardo della propria e comune “Dama” rinnovano l’impegno di fede e amore alla Vergine del Carmelo

madonna del carmine

La devozione della Città di Grottaglie alla Madonna del Carmine risale al 1505, quando un sacerdote grottagliese, il Rev. Don Romano de Romano, fece edificare convento e chiesa su una piccola cappella in grotta dove era dipinta la Vergine della Grotta. Un culto mariano-carmelitano che da oltre 500 anni è rimasto vivo e fecondo grazie al lavoro pastorale dei Padri Carmelitani (presenti fino al 1880), ai tanti parroci e vice-parroci che si sono avvicendati nel tempo, alla Confraternita del Carmine e a tante generazioni di grottagliesi carmelitani uniti “dall’abbitínu” che in italiano è lo scapolare. Il termine si riferisce a quell’indumento che presso molti istituti di monaci o frati nel Medio Evo ricopriva sia il petto che le spalle (in latino: scapula), dopo averlo infilato per la testa. Serviva generalmente per i tempi di lavoro, così da proteggere l’abito e non insudiciarlo.
L’abito aveva però un significato soprattutto simbolico, significava il «giogo dolce» di Cristo (Mt 11, 29), cosa che abbandonare l’abito voleva dire sconfessare la disciplina monastica abbracciata, abdicare al servizio di Dio, mancare di fedeltà agli impegni assunti. Nell’ordine carmelitano – per le caratteristiche proprie di quest’ordine – lo scapolare assunse ben presto un significato mariano. L’ordine carmelitano, a differenza di quasi tutti gli altri ordini religiosi, non ha un preciso fondatore: alla sua origine c’è infatti un gruppo anonimo di eremiti, forse ex crociati, che, verso il 1190, si ritirarono sul monte Carmelo, in Palestina, per vivervi in solitudine, ascesi e preghiera contemplativa, a imitazione del profeta biblico Elia. Il loro nome originario era «fratelli della beata vergine Maria», fatto che li caratterizzerò, fin dall’inizio, assieme al legame con Elia, contemplativo e profeta, come «l’ordine della Vergine». A conferma di questo, si racconta che, nel 1251, la Vergine apparve al generale dell’ordine san Simone Stock. San Simone supplicava spesso la Madonna di proteggere con qualche privilegio i frati che portavano il suo nome. Ogni giorno recitava devotamente questa preghiera: «Fiore del Carmelo, vite feconda, splendore del cielo, Vergine pura, singolare; Madre fiorente, d’intatto onore, sempre clemente, dona un favore, Stella del Mare». Un giorno mentre ripeteva questa preghiera con grande fervore, la beata Vergine gli apparve accompagnata da una moltitudine di angeli, tenendo in mano lo scapolare dell’ordine e gli disse: «Questo è il privilegio che io concedo a te e a tutti i carmelitani: chiunque morirà con questo scapolare non patirà il fuoco eterno». Fin dal secolo XV la tradizione di questo dono-miracolo si legò al cosiddetto «privilegio sabatino», secondo cui la Madonna avrebbe promesso di preservare i suoi devoti, vestiti dello scapolare, dalle fiamme dell’inferno, e di liberarle da quelle del purgatorio, il primo sabato dopo la morte. Lo scapolare carmelitano, ridotto col tempo alle piccole dimensioni di un «abitino», si diffuse presso ogni genere di fedeli riuniti in confraternite o liberamente e spiritualmente affiliati all’Ordine. Il significato dello scapolare si compendia attorno a questi punti: 1. Segno e pegno. Segno di appartenenza a Maria, pegno della sua materna protezione, non solo in vita, ma anche dopo la morte. 2. Comporta l’aggregazione alla famiglia dei «fratelli della beata vergine Maria». 3. Con lo scapolare Maria stessa consacra il proprio figlio, vestendolo e segnandolo in modo speciale come appartenente a lei. «Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19,26). 4. Il devoto (dal latino devovere, offrire, consacrare) con lo scapolare, «consegna se stesso» a Maria. Come un uomo libero nel Medio Evo si consegnava ad un signore per prestargli servizio e riceverne protezione. «Ecco la tua madre!». 5. Il devoto si impegna a vivere il suo servizio al Signore Gesù, attraverso l’intimità familiare con Maria, come «fratello della beata Vergine Maria». Per comprendere lo scapolare bisogna porsi in un’ottica «cavalleresca» che era quella del tempo in cui è nato, ma che appartiene anche ai valori intramontabili dell’uomo. Chi porta lo scapolare, ha detto Pio XII, «fa professione di appartenere a nostra Signora, come il cavaliere di quel tredicesimo secolo – a cui risale l’origine dello scapolare – che si sentiva, sotto lo sguardo della sua dama, forte e sicuro nel combattimento e che, portando i suoi colori, avrebbe preferito mille volte morire che lasciarli macchiare» (Pio XII, discorso nel settimo centenario dello scapolare carmelitano, 6 agosto 1950). Tutto questo i carmelitani grottagliesi, come altri carmelitani sparsi per il mondo, lo sanno bene e così anche quest’anno l’antica chiesa vedrà tanti volti consumati negli anni e tanti volti di nuove generazioni che prenderanno l’impegno di portare “l’abbitínu” o indossare l’abito confraternitale.

quadro mdc

                                                                                          Cosimo Luccarelli